E se la Terra potesse parlare? 22 APRILE: GIORNATA NAZIONALE DELLA TERRA

Una questione che ci riguarda da sempre

Di Helena Bono e Sabrina Contini

“E se la Terra potesse parlare?” è una domanda che noi tutti dovremmo porci. Il rapporto uomo-ambiente è una delle questioni più antiche e profonde che ci riguardano: l’umanità ha il potere di influenzare il mondo con le sue azioni. Nel corso dei secoli, questo legame tra uomo e natura si è trasformato radicalmente, rispecchiando i mutamenti culturali, religiosi, scientifici e sociali delle diverse epoche.

Antichità: la natura come forza divina Nelle civiltà antiche, la natura era percepita come un’entità viva, sacra, spesso misteriosa. Le forze naturali venivano personificate e divinizzate. L’uomo, così, si sentiva parte di un cosmo ordinato, ma anche imprevedibile e potente. La mitologia greca, ad esempio, popolava la natura di divinità e gli eventi naturali erano, per l’appunto, legati al volere degli dèi. La natura era, dunque, da onorare e rispettare, ma anche da temere. Emblematico è, a tal proposito, l’episodio di cui ci parla Erodoto (V a.C.), nelle sue “Storie”, e a cui fa cenno, oltre ad altri, Eschilo (V a.C.), nei “Persiani”: dopo la fallimentare prima spedizione persiana contro la Grecia (Battaglia di  Maratona; 490 a.C.), il re Serse decide di tentare nuovamente l’impresa, attaccando i greci per terra e per mare (Battaglia di Salamina; 480 a.C.). L’attraversamento dello stretto marino dell’Ellesponto, da parte delle truppe, è reso possibile dalla costruzione di un ponte di barche, voluta dal sovrano. Tale gesto si traduce con la volontà di congiungere artificialmente ciò che la natura, e quindi la divinità, ha separato, scadendo nella ύβρις (Ybris), tracotanza. Il desiderio di imporre il proprio dominio sugli elementi naturali ed il comportamento empio di Serse sembra, in questo caso, siano le cause della sconfitta persiana.

Filosofia greca: la natura come ordine razionale Con i filosofi greci, la visione della natura, della φύσις (Physis), si fa più razionale: essa viene vista come un sistema ordinato, regolato da leggi che l’uomo può comprendere. I filosofi di Mileto (VII-VI a.C.) – Talete, Anassimandro e Anassimene – furono tra i primi pensatori dell’Occidente ad interrogarsi sul mondo in modo razionale, cercando di spiegarlo non attraverso miti o leggende, ma con l’osservazione e il pensiero. Aristotele (IV a.C.) proponeva una visione più complessa e dinamica: la natura è un cosmo ordinato, regolato da cause, fini, movimenti e, dunque, trasformazioni che si possono comprendere con l’intelletto. Nel mondo ogni cosa tende a realizzare la propria essenza; ogni essere ha un posto e uno scopo. Capire la natura significa, di fatto, capire anche chi siamo noi e qual è il nostro compito nel mondo.

Mondo romano: la natura come simbolo di tranquillità e di rinnovamento Lucrezio (I a.C.) nel “De rerum Natura” sottolineava che l’armonia con la natura ha un considerevole peso nella ricerca di quella “tranquillitas animi” (tranquillità dell’animo) cui dovrebbe aspirare l’uomo, secondo la dottrina epicureaVivere in sintonia con la natura, in tal caso, significa apprezzare le cose semplici, distaccandosi dall’incessante ricerca dei piaceri eccessivi. Nelle “Georgiche”, invece, Virgilio (I a.C.) celebra la natura come luogo di lavoro e di rinascita: essa non è solo il paesaggio che circonda l’uomo, ma è un riflesso di vita. In questa visione, il lavoro agricolo assume una valenza simbolica molto forte: lavorare la terra è come coltivare il rinnovamento stesso. Non è solo un mezzo per procurarsi cibo, ma un atto che riflette la capacità dell’uomo di modificare la realtà attraverso il proprio impegno, di trasformare la natura in modo che essa possa, a sua volta, rigenerarsi e offrire nuova vita.

Medioevo: la natura come creazione divina Nel Medioevo, con l’affermarsi del cristianesimo, la natura perde la sua autonomia divina e viene interpretata come opera di Dio. È un “libro” scritto dal Creatore, che l’uomo può leggere per avvicinarsi alla verità. Secondo Dante Alighieri, la natura serve proprio da specchio dell’intelligenza e della volontà di Dio, nonché della sua bellezza. Essa, però, non è solo una rappresentazione della perfezione divina, ma anche uno strumento educativo che conduce l’anima umana nel suo cammino verso la salvezza: lungo il suo viaggio, narrato nella “Divina Commedia”, il poeta apprende lezioni morali attraverso la natura e gli elementi naturali che lo circondano. La selva oscura, la montagna del Purgatorio e il cielo del Paradiso sono tutti simboli di stadi di crescita spirituale.

Umanesimo: la natura come compagna dell’uomo In un tempo in cui la natura era spesso vista come semplice sfondo per le vicende umane o come manifestazione del divino, Francesco Petrarca comincia a guardarla con occhi nuovi, più intimi, più personali. Per il poeta, la natura è un rifugio, un luogo di solitudine e contemplazione. Il paesaggio naturale non è solo cornice della sua vita, ma protagonista: è una presenza viva e parlante, compagna delle sue meditazioni, testimone silenziosa delle sue passioni, specchio dell’anima.

 Rinascimento e Illuminismo: la natura come oggetto di studio La nuova visione della natura durante il Rinascimento e l’Illuminismo segna un passaggio fondamentale nel pensiero umano: essa non è più solo simbolica, ma una realtà concreta, studiata e interpretata dall’uomo attraverso il metodo scientifico, che lo rende capace di influenzarla, modificarla e, talvolta, manipolarla per il suo bene e progresso. Gli artisti, non solo rappresentano la natura nei loro dipinti, ma cercano anche di comprenderla attraverso il disegno e l’osservazione diretta. La scienza, influenzata dal rinnovato interesse per il mondo naturale, inizia a fare significativi progressi, grazie al contributo di grandi personalità, quali Galileo Galilei ed Isaac Newton. In questo contesto, la natura diventa qualcosa di misurabile e analizzabile, e l’uomo inizia a sentirsi padrone della realtà naturale, capace di dominarla grazie alla ragione. Nel Seicento e nel Settecento, infatti, il pensiero razionale e scientifico raggiunge un nuovo apice. La natura, ora intesa come una “macchina” che funziona secondo leggi precise, diventa l’oggetto di studio per una società che si affida sempre più alla scienza per spiegare il mondo.                                                                    

Età moderna e rivoluzione industriale: la natura come risorsa Con la modernità e la rivoluzione industriale, il rapporto tra uomo e natura si trasforma drasticamente: quest’ultima viene vista sempre più come risorsa da sfruttare. Le macchine, il progresso tecnologico e la logica economica portano ad un uso intensivo dei suoi elementi – foreste, miniere, fiumi – in funzione dello sviluppo umano. L’uomo si distacca dalla natura, la modifica, spesso la distrugge, spinto dalla convinzione di poterla controllare completamente.

Età contemporanea: crisi ecologica e risveglio della coscienza Nel Novecento, e ancor più nel nuovo millennio, questo atteggiamento ha portato a conseguenze drammatiche: inquinamento, deforestazione, cambiamenti climatici, estinzione di specie. L’uomo si trova oggi di fronte a una crisi ambientale senza precedenti, che lo costringe a rivalutare radicalmente il proprio rapporto con la natura. Si fa strada una nuova consapevolezza: quest’ultima non è solo uno sfondo, né una riserva infinita, ma un sistema fragile e interconnesso, di cui facciamo parte.

Il cammino dell’uomo nella natura, alla luce di quanto detto, è stato lungo e spesso contraddittorio: dal sacro al razionale, dal dominio alla distruzione. Oggi, forse più che mai, è urgente riscoprire un equilibrio, tornare a vedere la natura non come qualcosa di esterno a noi, ma come la nostra casa comune, da custodire con rispetto e responsabilità. Bisogna prendere consapevolezza della visione di una realtà in cui l’uomo non sia “padrone”, ma partecipe di un grande, meraviglioso organismo vivente.

Come abbiamo potuto vedere, la letteratura e l’arte da sempre ci invitano a riflettere su questo tema: la creatività è diventata uno strumento per sensibilizzare. La natura non è solo ciò che ci circonda, ma anche ciò che ispira. Molti scrittori e artisti hanno condiviso le proprie idee sull’ambiente, elogiando la sua bellezza o denunciando la sua distruzione, ricordandoci che la magnificenza della Terra va osservata, rispettata e protetta.

Abbiamo citato molte voci che si sono espresse in merito, ma quella che più conta ha da offrirci solo delle grida mute.                                                                                          

“E se la Terra potesse parlare?” Se la Terra potesse davvero parlare, ci chiederebbe di non ignorare, o peggio, rovinare quanto di bello ha, ha avuto e avrà da offrirci.

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