Di Martha Di Girolamo
Nella tranquillità di Monreale, un comune situato alle porte di Palermo, un tragico evento ha scosso la comunità: tre giovani vite sono state spezzate in modo brutale, durante una notte che sarebbe dovuta essere come tante, lasciando un segno indelebile nel cuore dei cittadini.
Era la notte tra il 26 e il 27 Aprile, quando si è verificato il triste fatto: la sparatoria ha avuto luogo davanti a una pizzeria nei pressi di Piazza Vittorio Emanuele, questo atto estremo è l’epilogo di una rissa scoppiata poco prima in un locale in via Benedetto D’Acquisto.

A perdere la vita sono Salvatore Turdo, 23 anni, e Massimo Pirozzo, 26 anni, arrivati in condizioni disperate e deceduti all’ospedale Ingrassia di Palermo, un terzo, Andrea Miceli, è morto poco dopo il suo arrivo al Civico. Due sono i ragazzi rimasti feriti: Nicolò Cangemi, 33 anni, il quale ha riportato ferite ad una gamba e un ragazzo di 16 anni che è stato gravemente ferito alla testa. Entrambi sono ora fuori pericolo di vita, le loro condizioni sono stabili, ma la prognosi rimane riservata.
Secondo le ricostruzioni, la lite è iniziata quando un gruppo di ragazzi palermitani si è avvicinato allo scooter di Salvatore Turdo. Preoccupato dalle loro intenzioni, Turdo ha cercato di dirigersi verso di loro, ma un motociclo gli ha bloccato la strada. Dopo un commento di Turdo sullo stile di guida dei palermitani – “Vai più piano, ci sono anche i bambini” – è scoppiata la discussione. Un ragazzo ha risposto con un insulto, e quando il cugino di Turdo, Andrea Miceli, è intervenuto per calmare la situazione, ha ricevuto un colpo di casco. La rissa è degenerata quando i monrealesi hanno avuto la meglio sui palermitani, che, non riuscendo a prevalere fisicamente, hanno iniziato a sparare.
I primi a intervenire sono stati gli operatori del 118, i quali si sono trovati ad affrontare una folla furiosa e violenta. I soccorritori sono stati aggrediti mentre cercavano di salvare le vite delle vittime.

Ad indagare sono i Carabinieri di Monreale, che si sono messi a lavoro per ricostruire le dinamiche della vicenda, e la procura di Palermo, che ha aperto un’inchiesta coordinata dal pubblico ministero, Felice De Benedettis.
Dalle indagini è emerso che erano circa una decina i ragazzi palermitani, ma ad aprire il fuoco sarebbero stati in 2 o in 3 e sarebbero almeno due le armi utilizzate, di cui però non c’è ancora nessuna traccia.
I carabinieri del comando provinciale di Palermo hanno eseguito il fermo disposto dalla Procura nei confronti di Salvatore Calvaruso, accusato di strage aggravata dai futili motivi, porto abusivo e detenzione illegale di arma da fuoco. Calvaruso è sospettato di essere il responsabile del triplice omicidio dei giovani.

Calvaruso è un ragazzo di un quartiere difficile di Palermo che ha solo 19 anni: troppo giovane per odiare, troppo giovane per uccidere. Quella sera era armato e ha deciso di sparare tra la folla ad altezza d’uomo, trasformando una lite in una carneficina. Ha sferrato colpi mortali e lo ha confessato. “Si, ho sparato” ha detto in lacrime, tuttavia, durante l’interrogatorio di garanzia, sotto il consiglio dell’avvocato d’ufficio che gli è stato assegnato, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il PM, Ivana Vassallo, che ha condotto l’interrogatorio, ha comunque disposto la custodia cautelare nel carcere Pagliarelli di Palermo.
Nella sua versione Calvaruso ha raccontato di essere stato aggredito con calci e pugni, ha provato a scappare ma non riuscendoci ha estratto dal suo borsello l’arma, che aveva trovato qualche giorno prima per strada, e ha svuotato il caricatore in direzione dei 3 ragazzi. Nella stessa dichiarazione resa al GIP (Giudice per le Indagini Preliminari) ha chiesto scusa ai familiari delle vittime e ha dichiarato di essersi pentito di ciò che ha fatto.
Le indagini proseguono, ma serviranno ulteriori accertamenti ed esami balistici per comprendere a fondo l’esatta dinamica dell’accaduto.

Intanto, nella giornata di ieri si sono svolti i funerali di Salvatore, Andrea e Massimo nel duomo di Monreale. Un lungo corteo, composto da centinaia di persone, ha accompagnato le tre bare bianche tra fiori, striscioni e commozione, a testimoniare dolore, ma anche il bisogno collettivo di reagire, di riflettere, di dire basta. A farsi carico delle spese è stata l’amministrazione comunale, che ha proclamato il lutto cittadino, in segno di rispetto e vicinanza alle famiglie: Monreale si è simbolicamente fermata per rendere omaggio ai tre giovani tragicamente scomparsi.
La strage di Monreale non è soltanto una tragedia, è una ferita profonda, un grido che chiama in causa una società intera. A colpire non è solo la violenza, ma l’assurdità e la follia di una dinamica che in pochi istanti e con estrema facilità ha trasformato una lite, in una tragedia irreversibile. Come è possibile arrivare a tanto? Come possono dei ragazzi così giovani avere accesso alle armi e scegliere la morte come risposta?
Questi sono segnali allarmanti di un disagio sociale che troppo spesso viene trascurato da chi di dovere. I fiori, gli striscioni, le lacrime non devono essere gesti effimeri, ma un punto di partenza per un impegno continuo. Devono segnare l’inizio di un percorso, di un cammino verso una società più giusta e consapevole. Non basta più commuoversi o indignarsi perché eventi come questo non si ripetano più. È necessaria una presa di coscienza da parte della società e delle istituzioni, che possa rappresentare il primo passo per costruire un futuro più giusto, dove le azioni non siano più parole vuote, ma si traducano in cambiamenti tangibili. Bisogna lottare affinché da una notte di sangue possa nascere un giorno di vita.